C’erano un argentino, un tedesco e un russo … Quando critica e poesia si sposano, tre libri meravigliosi e stranissimi sulla Divina Commedia
Alla vigilia del secondo Dantedì della storia, giriamo indietro per un attimo il volto senza paura e ripensiamo allo scorso anno: a quando questa celebrazione ci colse al principio del primo lockdown, nel silenzio di una Napoli deserta e surreale. Le celebrazioni, quando ci furono, furono pacate, circospette, virtuali, imbarazzate, costrette a intrufolarsi tra i bollettini della Protezione Civile e le conferenze stampa dei governatori. Il 25 marzo 2020 decidemmo di omaggiare Dante molto semplicemente, con questi ritratti che vi riproponiamo oggi. Ritratti di libri, più che dei loro autori: di tre continenti della terra, di tre regioni dello spirito … di tre degli infiniti modi di amare la Divina Commedia.
Il primo è l’ultimo, che è il primo
Dante è un poveraccio … Bisogna essere una cieca talpa per non accorgersi che per tutta la Divina Commedia Dante è incapace di tenere il giusto comportamento, non sa come mettere un piede avanti l’altro, che cosa dire, come fare un inchino di saluto …
In genere in una premiazione si inizia dal terzo posto, poi si glorifica il secondo arrivato, e solo alla fine si esalta, ma quasi con pudore, chi ha vinto la corona e si fregerà del nome di “primo”.
Oggi però è un giorno strano, le nostre vite sono tutte sottosopra, e abbiamo l’impressione, come ha raccontato in un bel fumetto Leo Ortolani, che la salita sia difficile, ma ancor più dura sarà, quando arriverà, la discesa.
E allora iniziamo anche noi, come si dice in russo, наоборот, al contrario: dal nostro preferito. Perché abbiamo bisogno della forza dinamica, dello sguardo elettromagnetico e delle incitazioni biochimiche di Osip Mandel’štam per iniziare questo viaggio.
E perché il suo Dante non grida, non tuona, non giudica, non pontifica.
“Dante” scrive invece il nostro diletto “è un poveraccio”
E Mandel’stam, scriveva la poetessa Anna Akhmatova, “ardeva tutto per Dante”.
E’ per questo Dante che ardiamo anche noi.
Buon Dantedì a tutti
#2 – In principio fu Auerbach …
“La poesia di Dante è una lotta continua con il soggetto e la forma che esso esige, un agone in cui non si risparmiano i colpi, da cui il poeta esce sempre vincitore; ma alla fine della lotta il soggetto vinto e rinato è giovane nella forma che il vincitore gli diede, e lo stanco vincitore è esausto e pronto a morire”
Un libro che si deve studiare, un pilastro fondante della critica dantesca, ma soprattutto, un gran piacere.
Il piacere della prosa di Auerbach, che era così innamorato di Dante da scoprirne il più intimo segreto
Borges, aleph e omega nostro
L’uomo che ha tutti i libri del mondo negli occhi, che in una mano stringe l’Aleph che ferma il tempo e nell’altra la penna con cui disegna parole che disegnano labirinti infiniti.
Quale miglior compagno di viaggio per perdersi nella Divina Commedia?
Borges che sovrappone il proprio amore a quello di Dante, che interseca l’erudizione, la scienza e la mistica del Medioevo con i tormenti di Dostoevskij, che racconta la tristezza del Paradiso e la dolcezza dell’Inferno …
Borges non si offenderà se l’abbiamo citato per ultimo.
Perché sa benissimo che ogni fine è un inizio, soprattutto nel mezzo del cammino.