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Umberto Eco e la sua Beatrice ribelle: un Paradiso che somiglia a un inganno maschile …

È incontestabile: se il ricordo di Beatrice Portinari ha attraversato i secoli fino a farne, ancora oggi, una delle donne più famose della letteratura italiana, è tutto merito dei versi che colui che ci è noto come il “Sommo Poeta” dedicò alla sua angelica figura. Sia nella “Divina Commedia” che nella “Vita Nuova”, Dante ha riservato al suo amore dell’infanzia un posto speciale: la “sua” Bice infatti è nota a tutti come l’ispiratrice dell’opera dantesca, guida delle guide nel lungo viaggio attraverso l’aldilà, anima di numerosi versi scritti dalla mano del poeta.

Ma della vita e dei pensieri di questa donna straordinaria ci sono poche tracce, e la sua voce sbatte contro i limiti del quadro stabilito dallo stesso Dante. Sarebbe bello se per una volta potesse parlare di sé stessa al riparo dello sguardo del suo poeta. Potremmo chiederle come ci si sente ad essere la Musa di uno degli autori più grandi di tutti i tempi. E forse potremmo anche avere delle sorprese. Per esempio, potrebbe svelarci che, ben lontano di esserne lusingata, lo vive come un “inferno” in cui l’ha rinchiusa questo “porco sciovinista maschio del Signor Alighieri”.

Un poeta timido…

In una puntata delle Interviste Impossibili mandata in onda sulla Rai nel 1975, Umberto Eco ci propone l’insolito ritratto di una Beatrice Portinari, magistralmente impersonata dall’attrice Isabella del Bianco, che si confida sul suo legame con Dante: un legame che non solo non ha niente dell’amore idealizzato a cui abbiamo creduto tutti, ma, a suo dire, non è neanche mai esistito. Lei non ha per lui il minimo riguardo, e piuttosto si diverte a commentare la goffaggine di colui che la fissa con gli “occhi da pesce bollito” e i “polsi che li tremavano” proprio come quando si ritrovò di fronte alla lupa nella selva oscura – questo per dire che effetto gli faceva la sua amata – limitandosi a “borbottare delle parole in latino”.

È l’archetipo del poeta timido ed impacciato, di certo non aiutato dal fatto di essere stato allievo di Brunetto Latini, che come si sa, sulle donne non gli avrà potuto insegnare un bel niente. Ed è vero che è divertente, questo Dante che Beatrice saluta soltanto “per provocarlo” e di cui aspetta una risposta che per un’apparente timidezza non arriva mai. Forse perché è ovvio che Beatrice lo avrebbe rifiutato, lui che è così brutto con il naso che si ritrova, in confronto a lei che “quando passava vestita di nobilissimo colore ogni lingua la diventava tremando muta”.

Filippo Agricola, Dante e Beatrice, Purgatorio, Canto XXX, v. 73, 1822.

… o semplicemente opportunista?

Ma forse non è così timido. E se non si è mai dichiarato, è forse perché non avrebbe voluto che Bice diventasse sua moglie: come può uno spirito ancorato nella vita quotidiana essere innalzato al rango di tramite per la salvezza dell’uomo? Come può il poeta stilnovista lodare la donna angelica pensando alla madre dei suoi figli? Dante ha deciso: lui si sposerà con Gemma, e Bice diventerà la sua Beatrice, la sua Musa. Stringerà un contatto con lei – quel poco che basta per potersene vantare – anche a costo di sembrare un “cascamorto” o di intimorirla e di indurla a non uscire da casa.

Ma ecco che il Poeta vede i suoi progetti improvvisamente buttati via dalla morte della povera Bice. Più afflitto per la sua carriera artistica che per la scomparsa della donna, non gli ci vorrà molto tempo per vedere il vantaggio che gli offre quell’episodio tragico. Che affare per Dante che può modellare la “sua” Beatrice in modo da farne la donna ideale – che poi, amò proprio lui, fino a scendere nel Limbo per salvarlo! E che carte gioca, Dante, per costringerla a scendere. Nientemeno che la Vergine! – senza che le sue azioni terrene vengano a contraddirlo. Un beneficio così grosso che Beatrice lo sospetta addirittura di averle “lanciato un maleficio” per provocare la sua morte.

Henry Holiday, Dante and Beatrice, 1883, Walker Art Gallery di Liverpool, Inghilterra.

Beatrice, eterna portavoce delle idee altrui

Come ci si sente ad essere la Musa di uno dei poeti più grandi di tutti i tempi? A sentire Bice, spossessati dalla propria umanità. E il Poeta rimuoverà tutto di lei: dai “flirtini” che ha avuti all’amore sensuale che non sdegna – anzi – fino al suo aspetto fisico piacevole al quale Dante non allude mai. Per Beatrice, si tratta di un vero e proprio “strip-tease letterario”, anche se in salsa stilnovista. Non c’è stato bisogno dell’amore fisico per strumentalizzarla, anzi, per lei che ha perso la sua forma umana in terra e che non la ritrova nell’opera di Dante, non c’è neanche la possibilità di dire la sua.

Ed è così che, nascondendosi dietro alle parole della sua amata, Dante espone spudoratamente le sue idee sulla corruzione della Chiesa, sull’autorità imperiale che rimedierà a tutti i disordini che stanno portando Firenze alla perdizione, pensando che “tanto firma la Beatrice”, la povera donna che lo asseconda suo malgrado. “Beatrice l’era quella di Dante, mica l’era quella di Beatrice”, aggiunge.

Un’unicità ridotta a semplice strumento poetico

E lui negherà la sua unicità fino di farla diventare puro strumento delle sue “canzoni da quattro soldi”, un mezzo per arrivare a compiere un esercizio letterario al pari di madonna Pietra, colei che, al contrario della donna angelica, tormenta il poeta con un amore conflittuale. La storia di Bice gira esclusivamente intorno a quella del Poeta e persino qualcuno dei dati anagrafici di lei sono stimati in base a quelli di Dante, fino a far dubitare qualcuno della sua esistenza.

“E se, come madonna Pietra, Beatrice fosse soltanto un nome fittizio?”, uno si potrebbe chiedere. O se semplicemente Dante, disperatamente in cerca di una Musa, avesse messo gli occhi sulla povera Bice dopo aver letto uno di quei poeti provenzali che tanto ammirava e che ha cantato le lodi di una certa Biatriz? “Colei che rende beati”, un nome più che azzeccato per la donna angelica tanto sognata dal Poeta. Che affare per Dante che ne ha proprio una a portata di mano. Se l’amore si attacca al cuore gentile non appena incontra una donna nobile, il cuore “pieno di fiele” di Dante è incapace di amare, aggiunge, amareggiata, Bice.

“Vita Nova!”

A tutti quelli che, aprendo la Commedia di Dante, si limitano a leggere l’Inferno perché le sorti dei buoni non li interessano, pensate anche solo un’istante alla povera Beatrice rinchiusa in questo Paradiso che non ha scelto. “Vita Nova!”, grida lei alla fine dell’intervista. È stato sfatato il mito di Beatrice, o anzi, è stata Bice a sfatare il mito della donna angelicata.

Stufa di sentirsi strumentalizzata spudoratamente, stufa che le poetesse dai molteplici talenti siano oscurate dall’ombra di un uomo, Beatrice, che fa da portavoce a tutte le “donne dei poeti” sfruttate dalla letteratura al maschile, inizia nell’aldilà una crociata contro il Maschio – e farebbe bene a guardarsi le spalle, Dante Alighieri, che lassù c’è più di una donna pronta a dare battaglia. “Che il diavolo se lo porti dove lui sa bene”, ecco l’ultimo malaugurio che Bice destina a colui che le ha fatto un’offesa eterna incidendo nella storia i loro due nomi l’uno affianco all’altro, “e con che diritto?”.

Dove ascoltare l’intervista originale?

https://youtu.be/y7HkeMWCOvk
Tutte le Interviste Impossibili sono disponibili sul sito della Rai (http://www.teche.rai.it/programmi/le-interviste-impossibili/).
Anche dal fondo dell’Inferno, Francesca si lamenta: https://museodivinonapoli.it/2020/07/06/linferno-e-rimini-in-dicembre-la-francesca-in-salsa-felliniana-di-edoardo-sanguineti/

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