Tra Napoli e Parigi, tra Modigliani e Stanzione, un viaggio attraverso i secoli nella pittura e nell’amore con gran finale rock
Siamo liete e onorate di ospitare a partire da oggi sul blog di Museodivino il primo di una serie di articoli di Sara D’Ippolito, scrittrice e poetessa romana, che a Napoli ha trascorso anni di intensa vita artistica prima di ripartire per l’amata e vasta Russia. Mentre era in Italia ha fatto in tempo a fondare con noi l’associazione Progetto Sophia. Donne verso la Bellezza, dedicata all’osservazione della figura femminile nell’arte, e guidarla nei suoi primi passi verso la creazione del Museodivino. Dopo avervi raccontato il tragico amore tra Dante Gabriele Rossetti e Elisabeth Siddal, e la vita avventurosa della napoletana Luisa Sanfelice, eccoci ora condotti a viaggiare nell’arte di Amedeo Modigliani e della sua Musa, la pittrice Jeanne Hébuterne, e in quella tutta napoletana di Annarella di Massimo, allieva preferita del grande maestro secentesco Massimo Stanzione. Per inaugurare questa felicissima collaborazione con Sara D’Ippolito non potevamo sperare di meglio: un articolo che parla di donne, arte, amore, morte, e rock and roll. Di tutto ciò che conta, insomma, in questo cosmo. Buona lettura. (S.C.)
The root connection
Il sacrificio non è niente altro che la produzione di cose sacre.
George Bataille.
Napoli, estate 2015: l’autrice di queste pagine si reca a una mostra dedicata a Modigliani dove rimane colpita dalla foto di Jeanne Hébuterne. A pochi giorni di distanza in una visita solitaria al Museo Diocesano della città scopre due dipinti della pittrice Annella De Rosa. Quella che segue è la storia delle due artiste.
Napoli, anno 1602
Nasce Diana (detta Dianella o Annella De Rosa, figlia del pittore Tommaso e di Caterina De Mauro, sorella del pittore Giovan Francesco Pacecco). Nelle Vite del pittore Bernardo De Dominici la storia della pittrice è arricchito da elementi romanzeschi.
Il padre di Diana, Tommaso, fu un pittore noto oggi soltanto per il Martirio di S. Erasmo nella chiesa dello Spirito Santo a Napoli, opera che denota un classicismo tardomanierista devoto e senza tempo. Tommaso De Rosa svolgeva l’attività di maestro: perciò Diana visse fin dall’infanzia in un ambiente di pittori professionisti.
La madre Caterina, restata vedova nel 1610, sposa nel 1612 il pittore Filippo Vitale. Filippo fu protagonista del naturalismo di ascendenza caravaggesca della prima metà del Seicento a Napoli insieme con Carlo Sellitto, Battistello Caracciolo e Josè de Ribera, e divenne il capostipite di un’importante famiglia di artisti della nuova generazione come Annella e Pacecco De Rosa, Juan Do, Agostino Beltrano e Aniello Falcone. Una ragnatela di parentele che legò molti pittori napoletani del primo Seicento, i quali abitarono quasi tutti nella zona delimitata tra piazza Carità e lo Spirito Santo, vera Montmartre della Napoli dell’epoca.
Parigi, 1898
6 aprile: nasce in una tipica famiglia cattolica piccolo-borghese la futura pittrice Jeanne Hébuterne: il padre, Achille, è capo contabile dei grandi magazzini Bon Marché, ateo (ma convertitosi al cattolicesimo in seguito) ama intrattenere la famiglia con la lettura di Blaise Pascal. La madre Eudoxie Anais Tellier è una brava e umile donna di casa, cattolica osservante. Il fratello di Jeanne, André, è pittore; si accorge presto che anche la sorella è dotata di talento e la invita a iscriversi all’École Nationale des Arts décoratifs all’Académie Colarossi, e la introduce all’interno della comunità artistica di Montparnasse, dove la soprannominano Noix de coco, noce di cocco, a causa del forte contrasto fra le lunghe trecce castane ed il suo pallore.
Napoli, 1610-1620.
La piccola Diana, ha per primo maestro il patrigno Filippo Vitale. Il talento le scorre nel sangue. Nel Seicento nell’ambito della pittura il mestiere se lo tramandavano in una stessa famiglia, per lo più da padre in figlio. Nel caso di Diana ci sono due varianti. Anzitutto perché stavolta il “figlio” avviato alla pittura era donna, e poi perché i padri che le tramandarono il mestiere furono due, il padre naturale e il patrigno acquisito.
A determinare il suo destino partecipò inoltre il fratello Pacecco De Rosa organizzando l’incontro fra lei e il famoso Maestro Massimo Stanzione che l’aveva preso a bottega. L’incontro consisté in una specie di esame, richiesto dalla stessa Annella e i risultati furono entusiasmanti: “Tu, da domani, verrai a lavorare nella mia bottega. D’accordo?”. Salita al ruolo di collega di suo fratello, Annella de Rosa – appellata da tutti “Annella di Massimo”, cioè Annella allieva di Massimo, divenne ben presto la discepola preferita del grande pittore, «cara al maestro come collaboratrice in pittura e, per la sua bellezza, come modella».
Anche le sue sorelle, Lucrezia e Maria Grazia, erano molto belle e con Diana furono soprannominate le «tre Grazie napoletane». La rete di parentela di Annella diviene più complessa con il matrimonio del caravaggesco Aniello Falcone con la sua sorellastra Orsola Vitale e con quello del riberesco spagnolo Juan Do con la sorella Maria Grazia in cui testimoni di nozze furono i colleghi ed amici Battistello Caracciolo e Josè de Ribera.
Intanto il Maestro Stanzione si vale della collaborazione della sua allieva per dare le prime pennellate alle sue opere sulla guida dei suoi bozzetti.
Parigi, Febbraio 1917
Jeanne Hébuterne e il livornese emigrato Amedeo Modigliani fanno conoscenza, lei ha diciannove anni, lui trentatré. Jeanne dipinge con talento e sensibilità, ma il suo carattere è schivo e riservato. Resta spesso silenziosa e in disparte, ma osservando attentamente. Non le sfugge il pittore italiano, che si lega a tutte le modelle che posano per lui. Nell’autunno del 1916 Jeanne, appena diciottenne, riesce a farsi presentare a Modigliani.
Dopo quella presentazione, Jeanne si lega definitivamente a Modigliani nella primavera del 1917, trovando nei suoi un’opposizione radicale. Viene cacciata da casa e raggiunge Modigliani in una decadente abitazione in rue de la Grand Chaumière, un luogo che era così fatiscente da poter vedere il sole filtrare attraverso le crepe sulle pareti.
In quel periodo il pittore non riceveva più l’assegno mensile che la famiglia benestante gli inviava da Livorno. Jeanne e Modì cominciano a convivere all’insegna della povertà e dell’arte, trascorrendo gran parte delle loro giornate dipingendo, l’uno di fronte all’altro, ma le condizioni di salute di Modì si fanno sempre più critiche per la tubercolosi che lo tormenta da tempo. Si fatica a tirare avanti. Amedeo costantemente stordito dall’alcool svende i suoi disegni per pochi franchi. Lèon Indenbaum, amico scultore li descrive così: «A tarda notte lo si poteva sorprendere, sulla panchina di fronte alla Rotonde, a fianco di Jeanne Hébuterne silenziosa, emaciata, esile, le lunghe trecce sulle spalle, pura, amorevole…»
Anselmo Bucci, pittore amico della coppia racconta di una sera a cena: «Lì ci raggiunse la sposa; ed egli, mangiando pochissimo come tutti gli alcolizzati, non finiva più di carezzarla, di interrogarla, di occuparsi di lei, quasi con ostentazione. E si uscì, riavviati, naturalmente, alla Rotonde. Nel bel mezzo dell’incrocio Raspail-Montparnasse congedò sua moglie, abbracciandola e baciandola con affetto; e ancora salutandola da lontano. E spiegò a me, che parevo un po’ sorpreso: “Noi due si va al caffè. Mia moglie va a casa. All’italiana. Come si fa da noi”».
Napoli, anno 1626.
Come di Annella cresce il talento, così cresce lei stessa. Annella diventa una fin troppo bella ragazza e molti giovani, anche dell’aristocrazia, volentieri la corteggiavano. Fra i molti pretendenti, ebbe il sopravvento, anche per intercessione del maestro Stanzione e dello zio Pacecco, il giovane pittore Agostino Beltrano. Forse non un matrimonio d’amore ma che, comunque, sanzionò anche una collaborazione artistica fra i due coniugi. Ben più dotata di talento di Agostino, Annella contribuì notevolmente anche all’affermazione del marito, aiutandolo anche nell’esecuzione di diverse opere. Massimo Stanzione continuò a manifestare la propria stima per la giovane artista la quale, intanto, riceveva molte committenze da aristocratici desiderosi di farsi effigiare da lei.
Parigi, anno 1918.
L’amico e mercante polacco Zborowski, mentore e mecenate di alcuni pittori di Montparnasse tra i quali Utrillo, Chagall, Soutine e lo stesso Modigliani, convince Jeanne e Amedeo a seguirlo in Costa Azzurra alla ricerca di un clima più mite e soleggiato che possa alleviare le condizioni critiche dell’artista e migliorarne la salute e anche agli affari. Si aggiunge alla comitiva il pittore Foujita con la sua compagna, il pittore Soutine e per ultima la madre di Jeanne.
La Hébuterne, la madre e i coniugi Zborowski sono alloggiati in una villa mentre Modigliani e gli altri in albergo per evitare discussioni. Tutto scorre più o meno come a Parigi, con disegni svenduti in cambio di Pastis e la convivenza con la madre per Jeanne che si fa sempre più insostenibile.
Il 29 novembre del 1918 nasce a Nizza una bambina che verrà chiamata come la mamma, Jeanne. Amedeo pazzo di gioia si ferma a bere così a lungo nei bistrot che troverà chiusi gli uffici dell’anagrafe per effettuare il riconoscimento della figlia. Non ci tornerà mai più e così la piccola Jeanne fu riconosciuta unicamente dalla madre, e si chiamerà Modigliani solo perché alla morte dei genitori verrà adottata dalla sorella del pittore.
Napoli, anni 1630-1640
Annella, divenuta una sorta di pittrice alla moda, vive però nel continuo timore che la sua arte, relegata nel chiuso di salotti, potesse andare vanificata; il suo più incalzante desiderio consiste nel poter dipingere quadri che vengano esposti al pubblico “per far conoscere che anche le donne sanno acquistare l’eccellenza dell’arte”. Le è accanto, nella realizzazione di questo desiderio, ancora una volta il maestro Stanzione. Servendosi della propria autorità Stanzione ottiene, per la sua allieva, un’ordinazione di due dipinti da collocarsi nella chiesa della Pietà dei Turchini. Annella eseguì alla perfezione i due lavori – che rappresentano l’uno la nascita e l’altro la morte della Vergine.
Il successo fu tale che alcuni pittori, invidiosi, misero in giro la voce diffamatoria che si trattasse di opere eseguite, in realtà, dal maestro Stanzione. A dispetto dei maligni, la fama di Annella cresce smisuratamente, tanto che tutte le famiglie aristocratiche vogliono un suo dipinto, lasciandola libera di scegliere il soggetto.
L’invidia crebbe soprattutto fra le donne, alcune delle quali, volendo dimostrare che Annella non possedeva nulla di speciale, si diedero allo studio della pittura, con risultati tutt’altro che notevoli. Altre pubbliche comunità, e ormai senza più essere sollecitate dallo Stanzione, chiesero opere di Annella: nella real chiesa di Monteoliveto apparve così un suo quadro raffigurante l’apparizione della Vergine ai benedettini; mentre un altro, raffigurante San Giovanni Battista, venne esposto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone. Furono queste le due ultime opere che Annella di Massimo eseguì.
Costa Azzurra, 31 maggio del 1919.
Jeanne rimane sola con la bambina; Modigliani torna a Parigi, ma il 24 giugno lei gli scrive di mandare il denaro per il viaggio perché vuole raggiungerlo, è di nuovo incinta. Ora vivono con il sussidio che Zborowski passa loro mensilmente, circa 600 franchi sufficienti per una piccola famiglia come la loro ma Amedeo è un pessimo amministratore di se stesso, la maggior parte del denaro viene consumato in alcolici.
La malattia di Modì e gli stenti che continuano ad assillare la loro esistenza non ne intaccano il rapporto, Jeanne continua a disegnare o dipingere e il compagno la ritrae in una serie di opere tra le più suggestive ed ispirate dell’ultimo periodo. Al contrario di Amedeo la Hébuterne ritrae spesso quello che vede dalla finestra o gli interni della casa dove la coppia vive a Montparnasse.
Per il suo temperamento riservato e silenzioso sappiamo che Jeanne non era benvoluta, né stimata dagli amici di Modì che la consideravano poco brillante e insignificante. Amedeo festeggia agli inizi di luglio il suo trentacinquesimo compleanno e quella notte scrive su un foglio: «M’impegno oggi 7 luglio 1919 a sposare la Signora Hébuterne appena arriveranno i documenti». Ma non farà in tempo.
Napoli, anno 1642.
L’anziano maestro Stanzione, si reca spesso nella casa-studio di Annella, ancora bella e attraente, anche quando il coniuge Agostino è assente. Una serva di Annella, di carattere dubbio, esasperata dai rimbrotti di Annella, si incarica di insospettirne con finto zelo e l’auto di menzogne il marito, che viene indotto a far spiare di nascosto gli incontri di Annella e del Maestro. “Or accadde, – afferma il biografo – che un giorno avendo ella terminato un quadro di mezze figure che la Sacra Famiglia rappresentava capitò in quel punto il Maestro e avendo veduto con quanta maestria di disegno e felicità di colore aveva Annella condotto quel quadro, e poiché era fatto per lui le diede un sincerissimo abbraccio, lodandola sopra ogni altro dei suoi discepoli”. Sempre da De Dominici apprendiamo che “queste affettuose dimostrazioni furono osservate dalla fantesca”. Così, non appena Agostino fu rientrato, di metterlo al corrente di ogni cosa. “E Agostino sguainò la draghinassa e trapassò da parte a parte il corpo della moglie”.
Si narra che il geloso Agostino scappò in Francia per sottrarsi al carcere, ma che, anni dopo, ritornò a Napoli pentito, per inginocchiarsi sulla tomba della moglie e per ammirarne l’effige che un giorno lui stesso aveva realizzato. Così finisce la storia di Annella “onore della patria, pregio delle donne, decoro della pittura”.
Parigi, anno 1920.
Le condizioni di salute di Modigliani vanno peggiorando rapidamente. Una sera sviene per strada e viene riportato a casa ubriaco e febbricitante. Jeanne, completamente sola, resta per una settimana accanto al suo letto, indebolita dalla fame, dalla seconda gravidanza e dal gelo della casa priva di riscaldamento. Una sera due amici fanno visita alla coppia, e trovano uno stato di degrado assoluto: nello studio gelido c’è sporcizia, bottiglie di vino, scatole di sardine.
Ed è ancora così che li trovano il 22 gennaio del 1920 quando viene sfondata la porta del loro alloggio, distesi sul letto inermi, Jeanne incinta di nove mesi. Amedeo viene portato subito in ospedale ma vi arriva già in coma: morirà due giorni dopo.
Napoli, 2020
Veniamo ai giorni nostri. Oggi la critica, confortata da dati documentari, non crede più alla leggendaria fine di Diana de Rosa, anche se il nomignolo di «Annella di Massimo» che si credeva inventato in pieno Settecento dal De Dominici è viceversa autentico, essendo stato rinvenuto alcuni inventari di Giuseppe Carafa dei duchi di Maddaloni nel 1648 ed in quello del principe Capece Zurlo del 1715. A fugare i dubbi sulla morte romanzesca di Annella esiste l’atto di morte, nel quale si dichiara che la pittrice morì di malattia il 7 dicembre 1643, dopo una vita di successi professionali che le permise di lasciare ai figli una discreta somma di denaro guadagnata in tempi diversi da lei e dal marito Agostino Beltrano. Questa constatazione fa giustizia di una vecchia diatriba tra il comune di Napoli ed lo storico Prota Giurleo, indispettito che una strada della città fosse dedicata (com’è anche oggi) ad un nome inesistente e convinto che dovesse ritornare all’antico toponimo di via Vomero Vecchio.
Parigi, 24 gennaio 1920
Appresa la morte del compagno Jeanne vuole passare la notte da sola in albergo, e la mattina una cameriera rifacendo il letto trova un coltello sotto il cuscino. Jeanne va in ospedale a rivedere Amedeo per l’ultima volta, accompagnata dal padre. Quella notte si rifugia a casa dei genitori dove il fratello Andrè le tiene compagnia. Ma all’alba del 25 Gennaio Jeanne si butta dal quinto piano.
Il corpo viene raccolto da un operaio su una carriola e Andrè, per non spaventare i genitori, prega l’uomo di portare il cadavere in Rue de la Grande Chaumière, a casa Modigliani; ma, dato che arrivato là gli viene impedito di entrare, l’operaio si reca al commissariato di polizia a raccontare tutto. La salma viene quindi ricondotta a casa e abbandonata tutta la mattina. Nel pomeriggio amiche di Jeanne accorrono a vegliarla, circondate dai suoi disegni, sparsi per terra, nei quali lei si rappresentava con lunghe trecce nell’atto di colpirsi al seno con un pugnale. La notte rimangono due amici di Amedeo soprattutto per impedire che i topi possano deturpare il corpo di Jeanne.
I coniugi Hébuterne non vogliono che i funerali di Jeanne si svolgano insieme a quelli di Amedeo Modigliani, che saranno molto imponenti. Vengono invece fissati quasi clandestinamente alle otto del mattino, il giorno dopo, in un piccolo cimitero di periferia.
Fu sepolta alle otto del mattino di una fredda giornata di gennaio al Bagneux, un cimitero di periferia, senza che la notizia di quel funerale – vergognoso per la famiglia – venisse comunicata ad alcuno. Pare addirittura che, in un primo momento, i genitori ne rifiutassero il cadavere e fu solo il fratello André ad occuparsi in gran segreto della sua anonima sepoltura. Di certo gli Hébuterne, ancora convinti che quell’unione fosse stata scandalosa, rifiutarono che la figlia riposasse accanto all’amato compagno.
Pur se citata dalle fonti e resa famosa dall’aneddoto sulla sua morte violenta, «Annella» è a tutt’oggi «una pittrice senza opere» che possano esserle attribuite con certezza. Sicuri sono solo i dati anagrafici, 1602-1643 e la collaborazione non firmata a molti quadri del suo Maestro Stanzione e del marito Beltrano.
Parigi, anno 1928. Jeanne viene traslata e seppellita accanto a Modigliani, grazie alle insistenze del fratello di Amedeo, Giuseppe Emanuele che, rifugiatosi a Parigi nel ’24 per sfuggire alle persecuzioni fasciste seguite all’omicidio di Matteotti, parlò coi coniugi Hébuterne.
Al cimitero Père Lachaise su due lapidi contigue è inciso:
Amedeo Modigliani, pittore.
Nato a Livorno il 12 luglio 1884.
Morto a Parigi il 24 gennaio 1920.
Morte lo colse quando giunse alla gloria.
Jeanne Hebuterne
Nata a Parigi il 6 aprile 1898.
Morta a Parigi il 25 gennaio 1920
Di Amedeo Modigliani compagna devota fino all’estremo sacrifizio.
Per la canzone “Dancing barefoot”, la cantante Patty Smith dice di essersi ispirata alla storia di Jeanne Hébuterne.
Dancing Barefoot
She is benediction
She is the root connection
Here I go and I don’t know why
I fell so ceaselessly
Could it be he’s taking over me
I’m dancing barefoot
Some strange music draws me in
Makes me come on like some heroine
She is sublimation
She is the essence of thee
She is re-creation
She, intoxicated by thee
Grave visitations
What is it that calls to us?
Why must we pray screaming?
Why must not death be redefined?
Sara D’Ippolito (Roma, 1979) ha vissuto in Italia e a in Russia. Dopo aver frequentato la facoltà di Filosofia a Roma, ha lavorato per più di dieci anni in teatro prima come attrice poi come aiuto regista e pedagoga. Interprete e traduttrice dal russo, ha tradotto nel corso degli anni Beliaev, Bunin Cechov e testi liturgici e spirituali della tradizione ortodossa. Ha pubblicato nel 2011 “Nelle contrade della nebbia e della polvere” (Memori, Roma, 2011) e “La prigione dolce, viaggio in monastero” (Samuele ebook, Pordenone, 2013), cronaca poetica di un’esperienza di vita in un monastero ortodosso russo. Entrambe le opere sono pubblicate sotto lo pseudonimo Arkadij Scestlivzev. Sempre del 2013 è il saggio “Verità della maschera, ovvero in teatro non si mente” (Leucotea, Sanremo), un confronto fra lo “Ione” di Platone e “Il paradosso sull‟attore” di Diderot. Nel 2016 pubblica la sua prima raccolta di poesie “A luce accesa” (collana Erato – Edizioni Lieto Colle) Nel 2015 il racconto “Passo dopo passo – un blues per via Caracciolo” ha vinto il secondo posto ex equo del concorso “Un mare di storie” indetto dal Museo del mare di San Benedetto del Tronto e dalle Edizioni Memori. Nel 2016 due poesie vengono pubblicate nel numero 79/80 dell’aperiodico delle Edizioni del Foglio Clandestino.