Dante se ne va al mare
Come ogni estate dal 1998, anche questo anno la città di Jesolo avrebbe dovuto accogliere scultori venuti dai quattro angoli del mondo per partecipare al Festival Internazionale delle Sculture di Sabbia. Senza sorpresa, la mostra 2020 dal tema “Il Volo” è stata annullata in seguito all’emergenza sanitaria. Ma per quanto tutto ciò possa essere deplorevole, che cosa c’entra esattamente la mostra di Jesolo con il Museodivino napoletano? Di certo non sono i presepi giganteschi messi in mostra ogni inverno dal 2002, di cui solo la sabbia ricorda l’atmosfera mediorientale dei presepi in miniatura di Don Antonio. No, per capire cosa ci affascina di questo festival, bisogna risalire poco più di dieci anni indietro, nel 2009.
Dopo la passeggiata tra i musei più freschi di Napoli, e il viaggio attraverso il Liberty napoletano abbiamo infatti deciso oggi di trasportarvi in un tour estivo tra le fiamme ardenti dell’Inferno di Dante: vi portiamo a Jesolo, nel 2009, quando l’effimero della sabbia ha preso le forme di un capolavoro immortale. E quando fu possibile ai bagnanti esterrefatti trascorrere una giornata estiva tra le fiamme dell’Inferno dantesco, spaventose e altissime benché fatte interamente di sabbia.
Richard Varano e l’amore per la Divina Commedia
Dopo i viaggi nell’universo incantato di Alice nel Paese delle Meraviglie o attraverso la leggenda arturiana con Excalibur – la spada nella roccia, a Richard Varano, direttore artistico statunitense nonché vincitore della seconda edizione del concorso, viene l’idea piuttosto inquietante di realizzare i nove cerchi dell’Inferno di Dante.
Innamorato del Sommo Poeta? Non abbiamo potuto fargli la domanda, ma il fascino per l’opera dantesca è evidente. Iniziato alla scultura sin dall’infanzia dal padre -italiano-, ammette in un’intervista a ViviJesolo.it che quello della Divina Commedia di sabbia è l’evento che ricorda con più piacere. Inoltre, nel 2014, il direttore artistico lancia un nuovo tema, anch’esso universale e dalle molteplici interpretazioni: Inferno, Purgatorio, Paradiso e Terra. Se non si riferisce esplicitamente a Dante, la dicitura del tema non può che ricordarci l’opera più importante di tutta la poesia italiana. Purtroppo, le sculture andarono in rovina prima del previsto dopo le piogge torrenziali che hanno colpito la città.
Devi iniziare ad avere pazienza…
I 18 scultori reclutati, venuti dagli Stati Uniti, dal Giappone o ancora dall’Australia hanno messo alla prova la propria immaginazione nel rappresentare la parte più affascinante della Divina Commedia. Con l’aiuto di volontari dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, hanno avuto il compito di trasformare in soli dieci giorni enormi blocchi di sabbia compressa in una spaventosa foresta popolata da belve selvatiche, o in un fiume in cui affogano le anime dannate dell’Inferno.
Una missione molto difficile, sia dal punto di vista tecnico che mentale. Oltre ad avere un’infinita pazienza, che secondo Varano è la prima qualità dello scultore, l’artista deve anche accettare l’idea – non facile – che la propria opera verrà distrutta dopo neanche due mesi di vita. Bisogna abituarsi quindi all’effimerità della propria scultura, ma anche prendere in considerazione gli eventi meteorologici: se la pioggia in eccesso può facilmente rovinare l’opera, anche il calore è nemico delle sculture di sabbia. Infatti, l’acqua con la quale viene mischiata può evaporare in caso di alte temperature, come già è successo in passato.
Un materiale effimero per rappresentare l’eterno
Una sfida che sembra impossibile, quasi quanto raccontare il viaggio dantesco in un guscio di noce. Ma ben lontane dall’essere i castelli di sabbia della nostra infanzia, queste sculture si rivelano inaspettatamente forti e resistenti, oltre ad essere immense: certe di esse possono raggiungere fino ai quattro metri di altezza! C’è da sentirsi minuscoli in confronto a questi innumerevoli granelli di sabbia, così piccoli singolarmente, ma che insieme assumono le forme terrificanti di un diavolo colossale, o di un’enorme arpia scatenata. E cosa dire dell’idea di rappresentare il fuoco eterno con un materiale così effimero, e apparentemente fragile? L’instabilità della sabbia e la mancanza di solidità delle radici della scultura turbano lo spettatore, come se da un momento all’altro, tutto l’Inferno dantesco potesse crollargli addosso.
La potenza dell’Inferno di sabbia
Anche se l’immaginario degli artisti rimane fortemente attaccato all’opera originale, realizzano la prodezza di raffigurare l’Inferno in tutta la sua potenza e il suo orrore. Attraversiamo quasi ogni tappa del viaggio dantesco, dalla barca di Caronte, che sembra un pirata dell’Oltretomba, al Cerbero che sembra balzare fuori da una grotta per avventarsi contro lo spettatore, così infuriato che gli si gonfiano le vene del collo, passando poi per la città di Dite le cui porte, invece di chiudersi in faccia a Virgilio, sono appena socchiuse su un mondo che supponiamo agghiacciante, scoraggiandoci nell’avventurarci all’interno delle sue pareti roventi.
Andare tra queste sculture infernali non ha niente di una passeggiata: è un viaggio lungo e stancante, ma alla fine, arpie diaboliche e demoni malvagi vengono distrutti per dare spazio alla dolcezza. Nel Natale del 2019, gli artisti incaricati del progetto di una Natività di sabbia hanno celebrato la Beatitudine con il tema “Poema dell’amor divino”. Chissà se dopo il recente lockdown sorgerà la necessità di dedicare una mostra, intera questa volta, al Paradiso dantesco…